Alla seconda tappa di questo tour immaginario per la città di Milano si sosta all’Acquario Civico. Che è un gioiello semisconosciuto della città meneghina.
Si trova in zona Lanza, nei
pressi del Teatro Strehler e a ridosso del Parco Sempione. Prima ancora delle
vasche, un po’ d’attenzione la merita l’edificio stesso. Questo bel palazzotto
fu realizzato nel 1906, in occasione dell’Esposizione Internazionale di
quell’anno, ospitata dalla città di Milano. E fu, per fortuna, l’unico fabbricato
a non essere demolito a seguito della manifestazione.
Innanzitutto ci saremmo
persi un vero e proprio saggio di liberty internazionale, con tutti gli avvolgenti
stilemi del repertorio: la vetrata che sovrasta la fontana all’ingresso, il fregio
a nastro di maioliche verde acqua, realizzate dalle manifatture Richard Ginori,
bassorilievi e aggetti in pietra raffiguranti alghe, conchiglie, scorfani,
piovre; una grammatica art nouveau declinata con impegno al tema dell’elemento
acquatico.
All’ingresso, a dirigere i
destini delle creature marine, nientepopò di meno che Nettuno, ignudo, presa salda
al tridente e aria severa, diciamo pure incazzosa. Al di sotto della statua, la
fontana, in cui l’acqua sgorga dalla bocca d’una protome d’ippopotamo: davvero
caruccia la fontanella, coi suoi pescetti rossi che sembran guizzati fuori da
un quadro di Matisse, e quel suo bel muschio verde cresciuto aggrappato alla
pietra.
La struttura interna dell’Acquario è quella d’un anello: una passeggiata circolare tra vasche di pesci e animali acquatici. C’è un polpo, la donzella pavonina (è un pesce transgender), una razza di sicuro e un sacco di stelle marine rosse, anche se alcune hanno una zampetta amputata. Se si è molto fortunati, in alcuni oblò circolari, in un’acqua illuminata da una luce blu, si possono ammirare le meduse: bianche, trasparenti, immote, appena cullate nelle loro parti molli dall’acqua. Sono gli organismi viventi che più trasmettono un’idea di eternità. Hanno un fascino tutto particolare, inesplicabile come l’infinito che a dispetto del loro sembiante evanescente sembrano in grado di incarnare.
La più gettonata è la vasca
dei pesci tropicali: è quella più colorata e illuminata, e ospita pesciolini di
tutte le tinte che fan molta presa sui bambini. Però merita assai, quindi se la
trovate impestata di marmocchi eccitati attendete – pazientemente e senza
ringhiare (come invece farebbe una amica mia quando vede grappoli di mocciosi)
– che costoro abbian sciamato per godervi pure voi lo spettacolo, anche se
siete un po’ più grandicelli. In effetti, va detto, l’utenza dell’Acquario Civico
meneghino è proprio composta prevalentemente da famigliole con rampolli al di
sotto del metro emettenti strida e versi di intensità inversamente
proporzionale alla loro nanaggine (io comunque confesso non li supero poi molto
in altezza eh).
Davvero bello poi il tunnel
di vetro: non sarà quello dell’Aquarium de Barcelona, d’accordo, però è una
vera chicca. Da vedere la razza, con il suo muso schiacciato, osservabile da
un’angolazione irripetibile e vantaggiosa.
Terminata la visita alle
vasche, è proprio il caso di fare una mezza sortita pure fuori, nello spazio
aperto retrostante l’Acquario, tra i piccoli bacini artificiali dove, in caso
di bel tempo, si potranno ammirare colonie di tartarughe d’acqua, perfettamente
immobili, intente a godersi il solleone. Ma se è estate e volete cocervi,
potete rientrare nell’edificio, percorrere le scale interne e fare un salto nell’ampia
sala all’ultimo piano, adoperata, come l’atrio di ingresso, per le mostre: assolutamente
da vedere il tetto a travi di ferro, ma sappiate che ci si crepa di caldo. Se
ci fosse qualche grado in meno e un bar con tanti tavolini entrerebbe nella top
five dei luoghi migliori di Milano per trascorrerci il pomeriggio.
All’Acquario Civico di Milano son stata un bel po’ di volte. Ci si torna sempre volentieri, col pretesto d’una mostra (ne vengono organizzate rigorosamente a tema dell’acqua: molto bella e suggestiva quella della fotografa americana Mikelle L. Standbridge) o di portarci qualcuno che non l’ha mai visto, o c’è andato da piccino, come ho fatto io con le persone della mia coorte. E posso dire infatti di averci vissuto dei bei momenti, guardando sì nelle vasche le creaturine acquatiche, ma spiando nel riflesso del vetro e dell’acqua la reazione delle persone che eran con me, e sorridendomela dentro ai loro sorrisi e al loro entusiasmo. È un tuffo insomma, benché non letterale, a meno che non vogliate farvi arrestare, in un altro mondo, con altre luci, altri suoni, altri ritmi, altre forme di vita. Ogni tanto fa davvero bene immergersi.
Suggerimento per la visita
(Rubrichetta del a chi vuoi che
gliene impipi)
Contrariamente a quanto asserirei
in altri casi, per quel che riguarda l’Acquario alla fine io consiglierei pure
d’andarci quando ci si posson trovare le famigliole con gli infanti, poiché
questi ultimi animano il contesto e ci ricordano che si può e anzi si deve
ululare d’esagitazione ed entusiasmo per tutte le cose che sono piccole e
speciali, come ad esempio gli animaletti marini.
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